Storie semiserie(molto poco serie in realtà...) di un uomo in preda ad una malattia gravissima: "Ho scoperto sulla mia pelle che il brodo provoca degli effetti collaterali mica da ridere!!. Tra i più significativi segnalo: inappetenza , rifiuto della realtà,richiamo a sette religiose ormai estinte da secoli, lingua ruvida(soprattutto se il brodo viene bevuto caldo e a piccoli sorsi), aerofagia,capezzoli cadenti, rughe ascellari di dimensioni bibliche".


"SURREALE PERCIMBELLI"

Cari lettori, vecchie canaglie amiche del mondo dei Coguari, è il vostro umile cronista che interviene in prima persona per denunciare le minacce subite. Da alcune settimane sono infatti vittima di telefonate minatorie alle più disparate ore del giorno e della notte, con il chiaro intento di intimidirmi e di bloccare la mia opera letteraria. L'episodio più grave si è verificato qualche giorno fa quando mi sono visto recapitare , tramite il simpatico pony-express Pierfranco Arcingoldi, una lettera dal contenuto inequivocabile. In un foglio di cartapecora c'erano scritte solo poche parole . "Smettila di farti beffe del Percimbelli o ne pagherai le conseguenze" firmato N.T.I.P.G.E. (fantomatica sigla riconducibile al Nucleo tutela immagine del Percimbelli grande eroe). Credendo nell'assoluta follia e irrealtà di tali minacce ho continuato serenamente il mio lavoro, fin quando è accaduto l'incredibile. L'altra sera, seduto alla mia scrivania, redigevo beato e allegro un altro episodio della saga Percimbelli vs Zuppettoni (ascoltando a manetta il meglio, se così si può dire dei Ricchi e Poveri)quando ho sentito una mano felpata posarsi sulla mia possente spalla destra (la sinistra è invece leggermente rachitica a causa di un pauroso incidente accadutomi da adolescente con un pelapatate). Mi giro di scatto e resto basito dalla sorpresa. Accanto a me , statuario nel suo metro e dieci si ergeva il grande Percimbelli che con sguardo cupo e torvo , anche se strabico, mi fissava incarognito.
Dopo pochi secondi la voce roca dell'eroe rompe la tensione: "Aho, a bello la devi finì de piarme per culo! E che cazzo sono diventato una barzelletta vivente peggio di Totti !! se non la smetti de farte beffe del sottoscritto te faccio un trapianto alla faccia cor culo de un babbuino !!!". tali parole erano talmente sferzanti che terrorizzato immediatamente ho abbassato lo sguardo. Ed ecco il particolare in grado di spiegare il generale (e anche il colonnello...), il singolo aspetto che rivela la vera natura ed essenza del tutto. L'uomo di fronte a me portava i classici calzini a righe trasversali biancoverdi tipiche dei postini della valle Bruscolitta. Non poteva essere il Percimbelli; egli è allergico, come tutti sanno alle righe trasversali, tanto che ciò gli provoca delle fastidiose pustole all'orecchio destro. Indomito alzo la testa e garrulo esclamo : "E no vecchio Gualtiero Francocassi, acerrimo nemico del Percimbelli, hai terminato di canzonarmi e di abusare della mia ingenuità! Il tuo piano per bloccare l'ascesa all'olimpo degli investigatori del grande Perci finisce qui!". Il povero Gualtiero (assatanato assassino di assessori assiepati in assise a se stanti) impaurito dalla mia risolutezza scappò a gambe levate.
Ancora una volta il buon nome del Percimbelli era stato salvato e la sua gloria preservata per le future generazioni di giovani coguari, il tutto con il chiaro intento di garantire un altro simpatico e frizzante anno in compagnia dei nostri inappuntabili e inappuntati eroi.





"Il BUFALO SBRODOLONE"

Grandi praterie di carciofi e scalogno tipiche della zona eurasiatica prossima ai Carpazi. Questo è l'habitat tipico del simpatico scherzo della natura denominato dagli scienziati, Bufaolis ascendentis devorate omnia, comunemente appellato dal popolo Bufalo sbrodolone. Questa specie di bufalo è apparsa sulle cronache mondiali grazie ad alcuni episodi incresciosi capitati nell'arco di tempo che va dalla primavera del 2000 al freddo inverno del 2001.
In questo periodo molte zone furono colpite da una grave siccità che ha rischiato di mettere in ginocchio l'intera produzione mondiale d'ortaggi compromettendo così anche la salute di gran parte della popolazione. Fortunatamente, nel medesimo periodo un piccolo gruppo di ricercatori della Columbia university di Boston aveva portato a termine un importante studio. Questi eroi moderni erano infatti riusciti a sintetizzare delle particolari proteine che permettevano di coltivare qualsiasi forma di vegetali in assoluta mancanza d'acqua. Vista la difficoltà del momento le alte autorità mediche e politiche internazionali non ritennero necessaria una sperimentazione per verificare gli effetti della scoperta sull'intero biosistema. Naturalmente l'uomo per l'ennesima volta si era arrogato il diritto di plasmare la natura come se fosse una sua creatura e questa non tardò a ribellarsi senza ritegno a questo progetto di manipolazione degli esseri.
Infatti in breve tempo, gli ortaggi ritornarono ad essere rigogliosi e l'opulento occidente poté nuovamente tornare ad essere prevalentemente vegetariano (è noto infatti che la carne fa male dato che viene trattata con proteine sintetiche). Ma come sempre ogni grande conquista comporta delle perdite ed in tale quadro si inserisce il Bufalo Sbrodolone. Prima della grande siccità questa specie era un tranquillissima forma di vita che si cibava di sardine e tonno, che si procurava costeggiando il corso dei fiumi per giungere sino al mare dove con insolita abilità era solita tuffarsi e recuperare il cibo necessario. Naturalmente vista la difficoltà nel procurarsi le provvigioni l'animale era solito cibarsi una volta l'anno immediatamente dopo essersi accoppiato (si sa anche tra noi umani che cibo e sesso vanno estremamente d'accordo). Anzi pare da recenti scoperte che il bufalo utilizzasse i pesci pescati per poter inscenare alcuni rituali erotici molto spinti. La grande siccità sconvolse però l'intero ecosistema e prosciugò gran parte dei fiumi. Il bufalo restò sconvolto dalla mancanza dei punti di riferimento che lo accompagnavano nel suo viaggio verso il mare e riversò tutta la sua frustrazione nelle città. Si racconta ancora a distanza di tempo di come orde di bufali inferociti assaltassero i supermercati alla ricerca di scatolette di tonno da aprire voracemente con le loro zampette esili esili , terrorizzando avventori e commessi. Ma le scorte di scatolame ben presto terminarono e i bufali furono costretti a cambiare la loro dieta dedicando le loro attenzioni ai vegetali che la popolazione aveva ricominciato a coltivare grazie alle nuove proteine sintetiche. Si era perciò soliti assistere a scene di bufali che nottetempo bussavano timidamente alle porte delle abitazioni (non suonavano il capannello perché la conformazione del loro zoccolo glielo impediva) e con rapide mosse malandrine, dopo aver imbavagliato lo sventurato che apriva si tuffavano nel frigo alla ricerca di carciofi e scalogno (coltivazioni come detto tipiche della zona) per poi darsi da fare con giochi erotici con le povere persone legate ed infine cibarsi e saziarsi completamente. Queste visite notturne si fecero sempre più frequenti nel tempo provocando seri problemi si fisici che psicologici alle persone che incrociavano loro malgrado la strada dei voraci animali.
Non restava che una soluzione estrema e sadica. Si interruppe la produzione di vegetali e la popolazione si impegnò nella caccia al bufalo (arrivando quasi allo sterminio dell'intera razza), che diventò piatto tipico della zona.
Questa storia deve far comprendere che quando l'uomo cerca di violentare la natura la stessa si ribella (e cerca di violentare l'uomo come hanno potuto sperimentare i poveri abitanti) e che la soluzione che a volte ci viene proposta come la più semplice nasconde spesso numerose insidie.





"MA?!"

Sono seduto tranquillo e concentrato. Nulla può distogliere i miei sensi dal raggiungere la perfezione dell'essere umano. Chiudo gli occhi per meglio sintonizzarmi con la mia coscienza. Tutto è perfetto. All'improvviso avverto chiaramente un rumore, un terribile e indecifrabile suono.
Spaventato e impietrito riesco solamente ad aprire gli occhi. Il buio mi circonda , ho perso tutti i punti di riferimento, acquisiti con difficoltà nell'arco di una vita intera.
Respiro a fatica, cerco di calmarmi e di riacquistare l'autocontrollo. Mi alzo e procedo lentamente con le mani protese in avanti, nel vano tentativo di proteggermi dal pericolo incombente. I miei passi si fanno sempre più brevi ed incerti. Ma ecco! Ho finalmente raggiunto quella che sembra essere una porta (sarà forse la finestra sulla realtà? ). Ne cerco freneticamente la maniglia. La trovo, la apro!
Un mare di luce avvolge i miei poveri occhi e perso ogni timore posso finalmente sfogare la tensione gridando come un ossesso : " Ma porca di quella troia, Franca...!, quante volte ti ho detto di non spegnere la luce del cesso finchè sto cagando!!! Ma porca..."





"BUON NATALE"

Era una notte buia e solitaria e gran parte della popolazione di Scropottelli city era intenta ad accudire ai propri sogni. Solo un uomo era vigile e pronto ad intervenire in caso di necessità, lui l'indomito, l'inafferrabile, l'immarcescibile, l'incommensurabile, l'inaspettato e l'impotente Percimbelli.
Il grande detective era tranquillamente seduto alla sua scrivania quando l'assordante silenzio venne rotto dallo squillo del telefono (caratteristico, viste le sue fattezze da gnu). Il Perci alzò repentinamente la cornetta e con modi audaci si posizionò molto comodo sulla poltrona, attendendosi una lunga conversazione. Invece, contrariamente alle aspettative, il suo interlocutore pronunciò solo pochissime parole: "Ho bisogno d'aiuto, Perci salva la mia esistenza". Non c'era bisogno d'ulteriori chiarimenti, era Babbo Natale che richiedeva l'intervento immediato del suo più caro amico nonché fratello di sangue. Era infatti risaputa negli ambienti che contano la storia di come Percimbelli e Babbo N (così lo chiamavano i confidenti) avessero condiviso le gioie e i dolori della guerra di Corea ed in particolare di come fossero scappati in modo roccambolesco ad un'imboscata realizzata dai vietcong in collaborazione con il clone asiatico della Befana. Il Percimbelli si affrettò a scrivere un biglietto per i suoi collaboratori avvisandoli dell'immediata partenza e rassicurandoli sul futuro incerto che lo attendeva intraprendendo una missione così perigliosa. Conscio del faticoso viaggio che lo attendeva per raggiungere il vecchio compagno, il Percimbelli pensò bene di farsi accompagnare nella spedizione dal fido animale domestico che tante soddisfazioni gli aveva dato negli ambienti dell'alta società: la nutria Gianfilippo Gartastolfi (una nutria con tanto di pedigree e in grado di preparare il thè con i biscotti con almeno 45 varianti d'intriganti sapori).
Raggiunta senza difficoltà la casa di Babbo Natale, Percimbelli non volle perdere tempo ed informatosi sui fatti si diede immediatamente da fare. La sua missione consisteva nel ritrovare le tre renne (elementi preziosi e fondamentali nel trascinare la slitta natalizia alla consegna dei doni ai piccoli bambini in attesa in ogni angolo del mondo) scomparse misteriosamente dalla stalla di babbo N. Percimbelli, fine mente logico matematica scartò all'istante l'ipotesi di un rapimento visto che babbo N non aveva ricevuto alcuna richiesta di riscatto. Successivamente il geniale detective fu indotto ad ipotizzare un incidente automobilistico che avesse coinvolto gli animali e perciò telefonò a tutti gli ospedali e commissariati di polizia per avere notizie ma anche questo tentativo si rivelò infruttuoso. Il Percimbelli si trovava ad un punto morto nelle sue indagini quando una luce geniale gli illuminò la retta via (anche se in realtà fu una pila sorretta dal sempre utile Gianfilippo Gartastolfi, che nel frattempo aveva preparato anche un delizioso pranzetto con le frattaglie di un bue muschiato e qualche rapa sempreverde della Lapponia). Nascosto nel fieno dove erano solite coricarsi le tre renne il Perci scoprì la strana locandina di un locale aperto da poco nel quale si praticavano strane forme di spogliarello per animali soli e privi d'affetti carnali con i quali sfogare le proprie pulsioni sessuali. Il grande detective si recò sul posto ma per non destare attenzione si rivestì con una pelliccia d'orso bruno, comprata in saldo in una vacanza nell'Africa centrale, ed entrò nel locale abbracciando allegramente la sua nutria. Un senso di stupore sconvolse il volto del Perci non appena questi aprì la porta del locale. Non si trattava affatto di un posto equivoco, com'egli riteneva, era proprio il luogo più perverso che mente umana avesse mai progettato. Animali di tutte le specie erano candidamente seduti su panchine di legno, sorseggiando succo di pomodoro (non era permesso bere alcolici; Ah! non c'è mai fine alla perversione!) mentre scrutavano dei loro compagnucci che si esibivano in balli scatenati, prevalentemente nudi e spesso abbrancati ad un palo (è bene ricordare che il termine "lap dance" deriva proprio dal nome di questa danza tipica della Lapponia). Ebbene in un angolo del locale, appartate ed ebbre d'amore erano cautamente nascoste le tre renne. Il Perci si avvicinò e cercò, con l'aiuto del Gartastolfi, di farle rinsavire e ricondurle da Babbo Natale. I tre animali guardarono il detective con uno sguardo triste e languido che non lasciava dubbi. Volevano amare e volevano farlo al più presto. Il Perci provò a convincere la sua nutria ad immolarsi per la giusta causa dei bambini in attesa delle strenne natalizie, ma l'animale si rifiutò categoricamente di accoppiarsi con razze diverse dalla sua (Gianfilippo condivideva le idee estremiste e xenofobe del leader delle nutrie di destra Adolf Nutler). Non c'erano altre possibilità il Percimbelli doveva sacrificare il suo giovane corpo per salvare l'amico Babbo N. si fece forza e per diminuire ogni difficoltà nell'atto sessuale si cosparse di grasso di foca, gentilmente fornitogli dalla foca Hutte Frunte. Il detective ed i tre animali ormai impazienti si appartarono in una stanzetta nel retro del locale e dopo pochi istanti d'imbarazzo si sentirono delle grida sguainate e lancinanti, ma il locale non fermò la sua attività e tutto continuò come se nulla fosse.

La morale di questa storia è semplice: voi giovani bambini e voi ragazzi adolescenti dovrete ricordarvi nello scartare avidamente i vostri pacchi natalizi che tutto ciò e stato reso possibile dal coraggio e dall'abnegazione di un uomo che ha anteposto a tutto l'amicizia e il senso del dovere. Prendete tutti esempio e gridate al mondo viva il Percimbelli!!. Inoltre ricordatevi che idee politiche strambe come quelle della nutria Gianfilippo non hanno mai portato a nulla di buono ma invece hanno provocato molto dolore e basta... chiedetelo voi al Perci se non ha sofferto per l'agire egoistico di quella bastarda di una nutria!!!!!.





"NORMALITA"

Il prof. Zuppettoni stava allegramente sorseggiando il suo caffè amaro alle 5 del mattino com'era solito fare. Infatti fin da bambino era stato allevato a diretto contatto con gli animali ed in particolare con un giovane gallo di nome "Fiscone". Con codesto animale il Zuppettoni aveva condiviso per circa 15 anni un pollaio (dalle ridotte dimensioni 4X4, essendo prodotto dalla Toyota) assaporando le gioie e i dolori di questa strana forma di convivenza. Il disagio di essere svegliato di buonora il mattino era largamente ricompensato dalla possibilità che veniva fornita al ragazzo di ampliare le proprie conoscenze in materia sessuale grazie alle ripetizioni sia teoriche che pratiche impartitegli dall'astuto animale.
Il mattino era il momento maggiormente gradito al prof. Zuppettoni perché la tranquillità che pervadeva tutta la città ed in particolare il suo quartiere (abitato da giovani ed edulcorati professori e anziane prostitute ) gli garantiva la possibilità di riordinare le sue idee spesso sconvolte da movimentati sogni notturni.
Improvvisamente il prof. Zuppettoni sentì uno strano sibilo provenire dal retro della porta del soggiorno. Con uno scatto felino gettò via la tazzina del caffè che andò a disintegrarsi contro il forno a microonde sporcando tutto il ripiano superiore del vano cucina. Con repentina scaltrezza il pur sempre ineffabile professore s'infilò le fide babbucce (in pelle di minotauro muschiato) ed incurante dell'artrosi e del ginocchio della lavandaia (malattie che lo avevano falcidiato fin dalla giovane età di 3 anni impedendogli di conseguire il diploma di scoiattolino all'asilo municipale di Troscolania) si precipitò sul posto, più curioso di un ippopotamo in calore.
In soggiorno il proffessore non trovò nulla di particolarmente interessante ed in grado di saziare la sua morbosa curiosità, nonostante tutto lo strano rumore continuava a farsi percepire e stava irritando in modo pazzesco il pur sempre tranquillo vecchietto.
Zuppettoni cominciò dunque a correre in modo irrazionale in tutte le stanze del suo appartamento ammobiliato in stile retrò (un misto tra rococò, barocco neoclassico e futurista con evidenti richiami in tutti gli angoli alla sessualità dei porcospini e delle molfette, vera passione del prof.). Dopo circa 15 minuti di folli corse, che avevano provocato la quasi totale usura delle babbucce, il Zuppettoni preferì fermarsi e ragionare, non gli restava alcuna soluzione se non l'introspezione di matrice tantrica, disciplina nella quale eccelleva.Nemmeno questa soluzione portò un risultato concreto, il sibilo fastidioso continuava ad inquinare l'esistenza del povero proffessore.
La pazzia ormai aveva bussato alla mente del Zuppettoni che si vide costretto, dopo aver osservato allo specchio uno strano ghigno sul suo volto emaciato, a comporre il numero della Neuro Deliri richiedendo un intervento immediato. (Bisogna ricordare come tale numero telefonico fosse sempre in bellavista e a disposizione del prof, in quanto era solito cadere in facili depressioni seguite da esaltazioni al limite del delirio d'onnipotenza ogni qualvolta aveva la possibilità di guardare alla televisione il suo documentario preferito sulla stagione degli amori dei cervi reali della Papua nuova Guinea). In poco tempo il Zuppettoni fu trasportato presso la celeberrima casa di cura "Qui entri quando sei fuori" (il nome era stato scelto tramite un simpatico calambour dal Fondatore ing. Dott. Arch. Amiltore Gianni Alfonso Sfattorielli) . Nell' entrare il Zuppettoni, suo malgrado, riuscì ad ascoltare un dialogo tra 2 infermieri fermi all'entrata intenti a sorseggiare un thè al tamarindo : "aho lo senti sto scorreggione ma che avrà magnato?" ..."ma che ne so, me sa che s'è ingozzato de fagioli sartati co' cippolloti e castagne tritate".Udite tali parole il professore comprese che il povero disgraziato cui erano rivolte tali affermazioni era proprio lui, e ridendo come un pazzo si rimembrò d'essere famoso per il suo vezzo d'essere petomane incallito,capacità tra l'altro che gli aveva consentito di vincere numerosi premi e concorsi in gioventù.E così, chiarito l'equivoco con il direttore della casa di cura, l'arzillo e roboante vecchietto poté tornare a casa e ricominciare la sua vita di tranquillo professore.





"I PERICOLI DELLA CUCINA"

La fame incombeva sempre più, il Percimbelli non riusciva a trattenere i suoi istinti gastronomici, nemmeno con raffinate pratiche yoga. Pettoruto e fiero del suo essere decise dunque di prodigarsi nel creare il suo piatto preferito: la pizza napoletana. Recatosi in cucina si attrezzò con tutto il necessario; telefonò alla Cirio per la fornitura a domicilio dei pelati, si procurò una betoniera per l?impasto, ingaggiò via internet 2 samurai svizzeri per il taglio della mozzarella. Ma accidenti, caspitolina, la mozzarella era terminata. Maledetto Giuffetti! aveva fatto razzia nella dispensa dei formaggi. Il Percimbelli mosso da un irrefrenabile voglia non si attardò in fruppole e si recò all'istante a comprarsi la celeberrima mozzarella di struzzo alla gastronomia "Dolce o Salato (dipende se lo chef cieco indovina il vaso giusto)". A questo punto i miei giovani lettori avranno notato un'imprecisione nel racconto; ma come, si saranno chiesti, non esiste la mozzarella di struzzo, codesto animale essendo uccello (e in quanto tale oviparo) non allatta i propri cuccioli. Ebbene giovani sapientoni, come diceva il vecchio filosofo Milkasue, non di solo latte vive l'uomo e se a tutto ciò aggiungete che il povero Percimbelli era dotato di una cultura pari ad un contatore dell'Enel, avrete il quadro completo delle cose. Ai miei giovani e sbadati lettori voglio inoltre ricordare che ho scritto mozzarella di struzzo, intendendo con ciò il maschio della specie e non la specie stessa. Dopo questi chiarimenti dovuti possiamo rituffarci in medias res. Comprato il formaggio fresco il Percimbelli tornò nella sua casetta allegro, allegro come ormai non gli capitava dall'ultima partita a tavolino con l?allegro chirurgo (essendo un virtuoso del gioco il Perci era solito collegare la pinzetta alla corrente 220 Volt e lenire gli stordimenti con abbondanti dosi di lidocaina e assenzio).
Aperta la porta, il Percimbelli si trovò in una situazione estremamente difficile. Egli si era infatti sbagliato nella scelta degli ingredienti. A causa della miopia imperante e delle cattarratte, il nostro eroe aveva confuso il lievito con la farina e viceversa. Le proporzioni per il suo impasto erano dunque di circa 5 Kg di lievito a scapito di soli 5gr di farina. L'impasto così composto si rigonfiò all'infinito riempiendo ogni piccola fessura della casa del nostro protagonista. Non essendo dotato di mente brillante, ma disponendo di grandi doti di deduzione logica e grande senso pratico il Percimbelli si tappò rapidamente le narici e aprì la bocca. Con un grosso respiro che durò circa 30 minuti ( il Perci si era allenato per 30 anni come raccoglitore, in apnea, di monetine presso la fontana di Trevi) il detective aspirò completamente tutto il composto che aveva invaso la sua dolce dimora. Il gesto eroico sortì l'effetto desiderato, ma si dimostrò purtroppo una mossa azzardata. Infatti l'aver assorbito una quantità così elevata di lievito provocò nel detective una sorta di mutazione genetica: lo stomaco si trasmorfò assumendo la forma di una tasca simile a quella dei marsupiali (in questa nuova veste di uomo canguro il Percimbelli risultava sicuramente più simpatico alle donne, che ivi potevano riporvi i loro trucchi e parrucchi); i piedi si gonfiarono assumendo la forma tipica a salsicciotta bretone; le orecchie caddero per lasciare il posto a due plum cake, inutili come apparato auditorio, ma sicuramente più piacevoli da leccare; l'apparato riproduttore non subì mutazioni, non esisteva prima dei fatti e continuò ad essere latitante (si suppone che sia emigrato alle Bahamas dove fortunatamente si trova a gestire una banca del seme per pipistrelli albini).
Nonostante il primo difficile impatto il Percimbelli accettò la sua nuova condizione di diverso, potendo così apprezzare la compagnia di tutti coloro che si ritrovavano nella sua condizione di emarginato dalle convenzioni della società. Strinse infatti amicizia con la donna con il naso a forma di pettine, con l'uomo distributore di benzina e soprattutto con il giovane Arcistrello l'uomo manganello.





"HO APERTO LA FINESTRA PER FAR USCIRE I CATTIVI PENSIERI"

Percimbelli era seduto alla sua scrivania intento nell'arte di pucciare (ebbene sì il pucciare è un'arte e non un'attitudine come credono in molti) una ciambella nel caffelatte corretto con bergamotto ed estratto di tamarindo, mentre rifletteva intensamente sul concetto filosofico della scoperta delle prove di un delitto. Il pacato Percimbelli era giunto alla personale convinzione che le prove rappresentavano le tracce lasciate dalla verità nel tentativo di farsi rincorrere solamente da chi ne ha le capacità (e faceva pure rima,pensò soddisfatto...). Improvvisamente udì nella sua stanza uno squassante peto, talmente potente da mandare in frantumi la boccia di vetro che racchiudeva il povero Gerippiello (il fido pesce spada, aiutante del solerte detective). Ormai abituato a tale fenomeno il Percimbelli alzò lo sguardo e prontamente salutò stizzito il Giuffetti, si alzò dalla poltrona, mise il salvo il pesciolino, e aprì la finestra. Tentando di eliminare l'imbarazzo ormai creatosi Percimbelli esordì con una frase epica: "Ho aperto la finestra per fare uscire i cattivi pensieri!".
Il Giuffetti non portava di certo buone novelle. Era stato commesso un terribile delitto in via Fruttolini al numero 5; un intera famiglia d'immigrati eschimesi era stata congelata e rinchiusa nel proprio iglù. All'arrivo sulla scena del delitto il duo di detective scoprì che la situazione era realmente molto più complessa da come appariva dal dispaccio dell'interpol: l'iglù era stato costruito a forma di rene di scimpanzé, e nella parte inferiore recava una scritta quanto mai esplicita "Percimbelli sfido la tua intelligenza con un indovinello, se comprenderai chi congela il congelatore avrai il piacere di rinchiudermi al fresco". Il Percimbelli, pur essendo dotato di capacità intellettive fuori del comune, a causa del suo passato come donna cannone al circo non aveva avuto la possibilità di una normale educazione ed era perciò costretto in una situazione d'analfabetismo assoluto. Per evitare la figuraccia al suo superiore intervenne il Giuffetti, che con modi alquanto sgarbati fece un rapido resoconto degli avvenimenti a tutti i poliziotti presenti sul posto. Il Percimbelli (ah vecchia canaglia!) comprese immediatamente come si erano realmente svolti gli accadimenti ed indirizzò a malincuore l'indice accusatorio contro il fido compagno. In quell?istante i presenti si sentirono percorrere le membra da un freddo brivido di terrore e stupore. Il Percimbelli esclamò: "ti ho scoperto marrano, tu non sei il vero Giuffetti, dove l'hai nascosto, villano?". L'individuo che aveva di fronte decise finalmente di smascherarsi, ed agli astanti apparve il volto tumefatto e truculento del terribile bandito Frogolozzi Fulgenzio coniugato in Bortighelli (alias Gherrissu, alias Descopolitti, alias Gistro il mistro , alias Menegozzi artista dei predicozzi). Nonostante il rapido intervento di tutti i militi presenti, con agilità sorprendente il vigliacco bandito riuscì a fuggire, senza però destare l?interesse del grande Percimbelli troppo preoccupato per le sorti del suo giovane compagno. Dopo un'attenta riflessione sui fatti, il Percimbelli esclamò soddisfatto "Erika"!! (in realtà il nostro eroe voleva citare l'esclamazione del grande Archimede, ma la sua enorme ignoranza lo portò a commettere una gaffe così plateale...).
Come un fulmine, il perspicace detective tornò nel suo ufficio giusto in tempo per salvare il giovane collega dalle grinfie del caro pescespada Gerippiello. Infatti il birbante aveva ipnotizzato il Giuffetti convincendolo così ad accoppiarsi con il pesciolino, ben sapendo che in realtà il povero Gerippiello soffriva di un'acuto disturbo mentale (detto della mantide religiosa), che lo portava ad uccidere il suo partner dopo l'accoppiamento. Ancora una volta il Percimbelli aveva salvato il salvabile, ma restava il gran rammarico per essersi lasciato sfuggire un delinquente pericoloso come Frogolozzi. Il dispiacere per gli accadimenti durò ben poco, in quanto il grande detective si rituffò immediatamente a capofitto nell'attività prediletta (che assorbiva all'incirca il 95% della sua vita): la lettura del labiale dei film pornografici stranieri, nel tentativo di comprendere il significato nella lingua madre dei gemiti dei protagonisti. (vi assicuro, per esperienza in prima persona, una fatica immane ricompensata però da notevole soddisfazione).





"LE APPARENZE INGANNANO"

Percimbelli era tranquillamente seduto nel suo ufficio (una simpatica stanza con pareti ricoperte da un sottile strato di cartone che permettevano al celebre detective di rimembrare il suo antico passato da viados-barbone) quando la porta si spalancò in modo estremamente brusco. Portando una valigetta griffata Chicco, entrò nella stanza una strana figura molto magra, alta circa 180 cm, smunto, con un viso rugoso (che ricordava da vicino il sedere di un ippopotamo) sormontato da due occhietti vispi vispi tipici di chi possiede un'intelligenza superiore, inutilizzata come un depilatore inguinale per donna. Lo strano individuo si presentò, sfoggiando una voce raccapricciante in grado di graffiare anche i vetri antiproiettile : "Buongiorno sign. Percimbelli, sono il suo nuovo collaboratore. Mi chiamo Giuffietti Pietromaria, anche se i miei più stetti collaboratori sono soliti chiamarmi Priapo a causa di una dolorosa malattia che accompagna la mia vita". In quell'istante Percimbelli si destò dal torpore che da sempre l'accompagnava dopo un sano pranzo (a base di carne di struzzo stufata con rape fritte nell?olio di palma, accompagnata con stuzzichini di carne di muflone essiccata e bambù) e mosso da una morbosa curiosità cercò ulteriori informazioni. Giuffietti rilassando le spalle raccontò il suo terribile segreto: "Caro collega, se posso permettermi di chiamarla così, sono un malato di priapismo, una sordida malattia che mi costringe ad avere delle lunghe erezioni inaspettate che purtroppo non mi permettono di provare alcun tipo d'eccitazione sessuale". Percimbelli, leggermente perplesso (nella sua mente gironzolava il termine chissenefrega), annotò con notevole solerzia questi particolari nel suo block-notes. Durante la conversazione tra i due simpatici individui, un fax arrivò a spezzare l'idillio ormai creatosi. Era la polizia scientifica che richiedeva l'ausilio del famoso detective per risolvere un caso all'apparenza irrisolvibile, un tipico caso di "omicidio della camera blindata". Il solerte Percimbelli non perse tempo e facendosi accompagnare dal giovane aiutante, si recò immediatamente sul luogo del misfatto. Purtroppo Percimbelli per spostarsi fu costretto ad utilizzare una vecchia volkswagen Jetta, visto che la sua mitica Arna, color banana matura, era in riparazione dal fido meccanico Armand W. Cabriolen (di chiara origine tedesca, infatti il W sta per Wurstel).
Arrivati sul posto i due detective si misero subito alla ricerca d'utili indizi. La scena del delitto si presentava così alla loro vista: una stanza d'albergo (più che albergo era una topaia, tanto che al primo piano vista l?umidità abitava una coppia di castori, molto probabilmente una coppia gay da quanto si vociferava nel quartiere, sempre solerte nel pagamento della pigione; i soldi molto probabilmemente arrivavano da un contrabbando di stuzzicadenti tailandesi) chiusa dall'interno, con tutte le finestre sbarrate, senza possibilità di entrare ne uscire. Al centro della stanza c'era una vecchietta rachitica, con un parruccone tipico degli anni 20, e sul viso un paio di baffoni posticci rosso fuoco. Accanto alla vittima c'era un biglietto strappato in molti piccoli pezzi sul quale si poteva notare la scritta <vogliono uccidermi!! sti mailiiiiii> . Percimbelli si chinò per raccogliere un piccolo frammento di carta quando si realizzò il vero dramma. Immediatamente alle sue spalle il giovane Giuffetti fu colpito da un attacco di priapismo. La violenta erezione, a causa delle dimensioni dell'arnese ( che Giuffetti chiamava confidenzialmente il mio attaccapanni), fece sobbalzare le natiche del detective Percimbelli che nel giro di pochi secondi si ritrovò con i pantaloni e i mutandoni di lana (la stagione proponeva temperature estremamente rigide) stracciati nella zona del deretano, e allegramente sodomizzato dal giovane collega (che essendo ormai un habitué di tali situazioni non ci fece nemmeno caso). Percimbelli fu talmente sconvolto da tali avvenimenti che tremante, alla fine dell'amplesso (durata 4h 33min e circa 45sec.), si rifugiò in un angolo della stanza tremante e piangente come un bimbo dell'asilo. Il peso delle indagini ricadde perciò totalmente sul giovane ed inesperto Giuffetti, che inaspettatamente in pochi minuti arrivò alla conclusione del caso grazie alle sue doti d'attento osservatore. Non si trattava infatti di un omicidio. L'anziana persona infatti era una scrittrice di romanzi gialli a sfondo blandamente erotico, che cercava l'ispirazione nell'osservare la coppia di castori che vivevano al piano sottostante. La sua ricerca l'aveva però portata all'incontro con il fatal destino. Aveva infatti assistito ad una scena d'accoppiamento multiplo tra i due castori ed una coppia di giovani virgulti palestrati, che si servivano di strani oggetti: un frullatore multilama, un mattarello, un registratore di cassa, un paio di lamette da barba, un piccolo aspirapolvere portatile, uno stetoscopio. Scossa dalla vista degli accadimenti nella stanza sottostante il cuore della vecchietta non aveva resistito ed era definitivamente collassato.
Il mistero era ormai risolto, ma un ben più grave problema attanagliava ormai i nostri protagonisti. Il caro Percimbelli non riusciva a riprendersi dallo shock subito, e si rifiutava di collaborare ancora con il giovane e perspicace collega. Grazie all'intervento dei vertici della polizia anche tale questione fu risolta. Percimbelli tornò al lavoro, grazie ad un paio di mutandoni di titanio superspesso ( stesso materiale di composizione dello Sputnik ), e lunghe ed estenuanti sedute dallo psicologo, mentre il giovane Giuffetti fu costretto a sottoporsi ad un doloroso trattamento a Casablanca con il chiaro intendo di ridurre la sua virilità ( solo L'assoluto può sapere i reali effetti di tale operazione).





"UNO STRANO DELITTO"

Era l'una del pomeriggio quando suonò il cellulare del detective Percimbelli. Rispose velocemente risvegliandosi dalla pennichella quotidiana (provocata dall'abbondante pasto pomeridiano composto da verze stufate con cipollotti, carne di bufalo immersa nel Vov, e un gelatino di rabarbaro). Rapidamente si rivestì con il suo completo tirolese e saltò sul suo tipico mezzo di locomozione (un'alfa Arna, elaborata con speciali parti ricavate dalla celeberrima Duna station Wagon) precipitandosi sul luogo del delitto, la famosa fattoria "amici delle bestie".
Giunto sul posto il detective fu scosso dalla vista del sangue che ricopriva interamente la scena del delitto. Infatti non risultava centimetro quadrato che non fosse stato colorato di rosso. Nonostante l'evidente imbarazzo fisiologico Percimbelli si fece forza ed entrò nell'ampio salone dove erano già seduti comodamente tutti i protagonisti dell?orrida vicenda: il fattore Grufolini (uomo dalla stazza imponete con una piccolissima testa coronata da due occhi grandissimi che ricordavano il profilo di una civetta), la moglie sign. Fruppuoli in Grufolini (donna dalle bellissime fattezze che però nel suo intimo nascondeva un terribile segreto che ben presto il nostro investigatore avrebbe avuto modo di scoprire). All'appello mancava solamente il figlio della coppia, Buciniello Grufolini, che a causa dello shock aveva preferito restare chiuso nella propria cameretta a meditare sui recenti accadimenti.
Percimbelli si presentò rapidamente alla coppia alla quale chiese di accompagnarlo ad analizzare specificamente la scena del delitto. Lo strano terzetto entrò quindi nella stalla dell?impresa agricola che presentava agli occhi degli osservatori un'immagine da brividi: la mucca Frida, regina della stalla, era riversa sul dorso con le tettarelle al vento cosparse da uno strano liquido rossiccio che poi si sarebbe dimostrato essere un infuso di barbabietola e verza; il montone era stato spogliato della propria pelliccia e rivestito con un accappatoio di seta nera e con un reggicalze molto provocante, la puzzola era legata ad un palo con un grosso tubo che le usciva dal deretano per poi inserirsi nelle narici (era stata chiaramente uccisa mediante soffocamento grazie alla puzza prodotta dalla ghiandola puzzifera), il pitone era stato utilizzato come boa di struzzo per strangolare il toro Marchionne (che nonostante il nome virile era dichiaratamente gay, tanto da ridurre la sua povera consorte all'esaurimento nervoso, costringendola così a ricercare l'amore tra le zampe protese del coniglio Freghino). Percimbelli comprese immediatamente la natura dei delitti e preferì non proseguire oltre nella sua ispezione della massa di cadaveri.
Dopo un breve interrogatorio ai due genitori si fece accompagnare alla stanza del bambino, così come lo chiamavano i sign. Grufolini e Fruppolini. Una volta entrato nella stanzetta Percimbelli rimase stupito da ciò che gli si poneva di fronte. Il bimbo, così come veniva chiamato, in realtà era un uomo di mezza età (circa 50 anni), seduto sul letto a baldacchino rosa salmone, con accanto una pila di giornalini porno dai titoli quanto mai esplicativi delle sue turbe mentali : "Quel porcone del montone ","che vacca quella vacca che mi son fatta ","l'amore con il coniglio nel ripostiglio", "come amoreggiare nella notte assieme alle marmotte", "una coppia aperta grazie alla capra Berta". Percimbelli, sfruttando la sua mente matematica riuscì facilmente a fare 2+2, e accusò immediatamente il "giovane", che non riuscendo più a sopportare la pressione psicologica del delitto confessò tutto. Traviato dalle insolite letture e privato a causa dell' isolamento impostogli dai genitori, Buciniello aveva cercato l'amore nella stalla, ma sentendosi rifiutato aveva dato sfogo a tutta la sua rabbia.
Ancora una volta, grazie al suo enorme intuito, il più famoso detective della zona era riuscito a risolvere il dilemma in breve tempo, potendo così tornare a casa giusto in tempo per potersi ridipingere le unghie dei piedi con un color carota tanto di moda fra i giovani poliziotti del quartiere.





"ECCO PERCHE' NON SONO VEGETARIANO"

Ormai la situazione era chiara, nella mente continuavano a risuonarmi le sue ultime parole "ricordati di sbucciare e pulire i cetrioli che questa sera devo lavorare fino a tarda notte", la paura cresceva. Ho cercato di farmi forza e mi sono avvicinato al frigorifero spavaldo e garrulo. Lo apro lentamente. La tensione cresce nel mio corpo, sono del tutto incosciente del triste destino che mi aspetta. Appena la porta del frigo si spalanca e la piccola luce si accende, mi appare una visione tremenda e luciferina. I carciofini e le zucchine trifolate avevano invaso l'intero reparto frutta e verdura. L'incubo si era avverato. Riesco chiaramente a percepire il grido di battaglia degli ortaggi: "colonizziamo l'uomo colonizzatore!!". Non ci posso credere, non ci voglio credere. Cerco di raggiungere il più velocemente possibile il telefono di casa, come per una sorta di riflesso condizionato compongo il 113. Nessuno mi risponde, nessun tipo di suono promana dalla cornetta. Mi volto disperato verso il muro e lì scorgo un funghetto trifolato (probabilmente il frutto del raccolto del signor Marietto, noto micologo dell'altipiano di Asiago) con la spinotto avvolto su se stesso e distaccato dall'apposita spina. Il panico, il terrore sono nulla in confronto a ciò che provo. Corro verso il portone di casa, ma mi sento trattenere la caviglia, volto lo sguardo repentinamente, e mi vedo bloccato nei movimenti da una masnada di tozze melanzane viola (quelle predilette dalle massaie di mezzo mondo, compreso il Tagikistan). Forte dei miei spossanti allenamenti in palestra, facendo perno sull'alluce destro, riesco con sforzo sovraumano a liberarmi dall'inquietante morsa. Sono disorientato, cerco di fuggire ma sono circondato da centinaia di fagioli borlotti e fagiolini teneri teneri (probabilmente avrebbero fatto la fortuna del sign.Findus e di Giorgio il Pernacchione). Scappo in bagno, mi barrico velocemente. Devo pensare, riflettere sul metodo migliore per poter uscire da questa situazione incredibile. Fuori dalla porta sento chiaramente il rumore dei pomodori che si sacrificano nel nome della causa, per abbattere la porta, spiaccicandosi crudelmente sul freddo legno dell'uscio (trattato con vernici tossiche alla faccia dei movimenti per i diritti dell'ambiente). Sto impazzendo, forse è meglio sedersi. Appoggio le mie natiche stanche sulla tazza del water, che casualmente si trova ad avere la tavoletta alzata. Sento all'improvviso un formicolio sulla schiena e sul fondo schiena (comunemente detto dal Volgo culo). Ruoto velocemente la testa e la scena che mi appare è drammatica. Un gruppo di cipolline si sta arrampicando sul mio corpo, facendo da apripista ad un grosso cetriolo accompagnato da 15 simpatiche carrube. Cerco di scrollarmeli di dosso inutilmente. Ho ormai compreso il mio destino e quando scorgo il giovane cetriolo che si fa ricoprire dalle fide carrube da circa un litro di vasellina non mi resta che il poco fiato per una risata isterica.





"LA TELEVISIONE FA MALE"

Questa che mi accingo a raccontare è una storia terrificante. Il terrore pervade ogni sillaba del mio proferire, un terrore che non è figlio dell'anormale, del brutto, dell'anticonformismo, della mancanza di valori etici. La paura nasce in questo caso dalla normalità e si propaga nella quotidianità.
Una mattina, non più tardi di un mese fa, ero serenamente coricato nel mio lettuccio ricoperto di paglia (secondo una ricerca pubblicata su "Nature" dal prof. Von Marktrg, la paglia favorisce l'eliminazione dal corpo umano del ferormone K89, il famigerato colpevole del priapismo adolescenziale), quanto sento delle grida belluine provenire dal piano sottostante. Immediatamente, come spinto da un riflesso condizionato, mi alzo, indosso le mie babbuccie a forma di bradipo, e scendo le scale con l'agilità di un "coguaro",(ovviamente). Mi appropinquo in modo coscienzioso alla porta del soggiorno. Le gambe mi tremano dalla tensione, i miei baffoni da sceriffo texano si elettrizzano, ma non esito ed entro sprezzante del pericolo che incombe sul mio capo.
Entro. La visione che appare ai miei occhi mi lascia perplesso. Il televisore sta trasmettento il mio film porno preferito (Full metal Penis, ossia la vera storia di un uomo che ha conosciuto l'amore in guerra grazie al suo fucile calibro 25), cerco di abbasare il volume per godere delle sole immagini. Il telecomando è scomparso. Mi volto attorno, sono sconvolto, ho la pressione arteriosa ai minimi storici. Mi siedo e appoggio i piedi nudi sul tappeto.( i piedi nudi, ma non indossavo delle simpatiche babbuccie??...). Ebbene le babuccie erano sedute sul divano accanto a me intente a scranocchiare le foglie di un piccolo cactus incautamente appoggiato lì vicino. Non ci capisco più nulla, sono nervosissimo e tutto ciò non fa che aumentare il pericolo di areofagia che coltivo dentro di me. Niente, ormai non c'è più nulla da fare, la malattia ha preso il sopravvento sulla mia volontà, mi alzo dal divano e una squassante peto inonda la tranquillità della mia casa (e forse anche dell'intero paese).
I miei vicini, evidentemente allarmati dai rumori molesti, hanno ben pensato di avvertire i vigli del fuoco credendo in un crollo strutturale dello stabile. Nel breve volgere di 5 minuti, il comandante Pettazzi della 5° compagnia sfonda il mio portoncino. Entrano in 7 e tutti rimangono sconvolti dalla scena. Io, sdraiato sul divano che gorgheggiavo dal posteriore (l'Etna al confronto non è nulla), le 2 babuccie che si stavano accoppiando tranquillamnete adagiate su un foglio di carta vetrata , il film porno che continuava a scorrere sul video, il cactus mordicchiato che cercava di praticarsi l'agopuntura con i suoi stessi aculei, il pesce rosso che cercava la morte tramite annegamento. Dei 7 valenti vigli del fuoco, 6 immediatamente vengono colti da un raptus di risa che li porta immediatamente in uno stato di follia assoluta. In tale confusione e disperazione l'unico a mantenere la calma è il prode Pettazzi. Fedele al suo nome cerca di metterci una pezza. Inserisce il cactus nella vaschetta del pesce rosso, i 2 immediatamente si piacciono e cominciamo ad amoreggiare, divide le 2 babuccie donando loro un bastoncino di liquirizia ricoperto di bromuro per calmare i loro bolleti spiriti. Infine , fiero e garrulo della sua competenza e abilità, prende la carta vetrata, la arrotola e inserendola nell'ano risolve il mio problemino. Purtroppo la sua capacià non può nulla contro la demenza che ha colto i suoi compagni. Non resta altro che legarli strettamente tra loro sperando che impedendo la circolazione sanguigna il cervello possa eliminare l'eccesso di idiozia. E così un'allegra mattinata, che stava per trasformarsi in tragedia per colpa della televisione, è stata ricondotta allla normalità da uno dei tanti eroi nell'ombra che furoreggiano sul nostro pianeta. W Pettazzi!!, W il coraggio di un uomo libero!!.

PS se cercate una morale in questo racconto penso che farete fatica a trovarla, ma non è questo l'importante, l'importatnte è essere consapevoli che qualsiasi stronzata possa capitarvi, ci sarà sempre un Pettazzi che potrà salvarvi aggiustando capra e cavoli.


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